Durante la nostra esistenza possono capitare momenti di smarrimento, di apatia e insoddisfazione. Parlo dei momenti di tristezza, di solitudine; di quel sentimento che non si capisce bene cosa sia, da dove provenga ma c’è. È una condizione che ti fa sentire inerme, impotente, fallimentare, ma solo apparentemente.
Il fallimento è tale per la mente, per gli schemi sociali che siamo soliti soddisfare e rincorrere per sentirci “ok”.
Il cuore non giudica e non etichetta, il cuore ci guida attraverso le vicende proposte per evolvere.
Spesso non ce ne rendiamo conto subito, in quanto, non vogliamo credere che possa succedere anche a noi cosi forti, invulnerabili e attenti.
Se continuiamo ad evitare, a fare finta che non ci sia , a tentare di rimpiazzare tale verità con false illusioni, la vita ci riproporrà sempre le stesse esperienze per imparare.
Uno degli schemi più forti e ben piantati nella nostra mente è quello di essere indispensabili, di sentirsi realizzati, soddisfatti a livello lavorativo, ma anche nelle relazioni. Quella sensazione di essere “a posto”, avere tutto sotto controllo; avere in un certo senso totalizzato un certo punteggio nella scala dell’arrivismo e della normalità agli occhi degli altri.
Molte volte rischiamo di confondere i livelli di autenticità e illusione.
Per esempio: quanto vera è la relazione che stiamo vivendo con l’altro?
Quanto sto con l’altro per non stare da solo?
Quanto sono libero di scegliere con chi stare?
E quanto mi sento veramente bene in compagnia dell’altro?
E’ necessario non riempire il vuoto per paura del vuoto.
Quel vuoto non esiste, è un’ illusione.
Quel vuoto è pieno di te!
I mass media, la società, le pubblicità, una certa cultura occidentale non ci insegnano a stare nel silenzio, a stare con i nostri pensieri, con le nostre sensazioni più ancestrali, a vivere la condizione di imperfezione e mancanza; anzi ci spingono a riempire di sinfonie finte, di discorsi privi di significato e di oggetti status symbol, di mode e problematiche effimere per distrarci dal nostro sentire, dalla potenzialità insita in noi, dalla nostra divinità scordata e ritenuta impossibile.
Sostituiamo e copriamo certe emozioni per non affrontarle, per non sprecare tempo, per non sentirci sconfitti, invece, possiamo vivere la sconfitta come punto di partenza per un cambiamento, per l’evoluzione.
Quella non è una sconfitta è la vittoria di ciò che siamo!
Cosi come siamo in quel preciso momento, e se accettiamo lo stato d’essere e lo riconosciamo e lo celebriamo, allora poi, è possibile svoltare ed affacciarci ad un nuovo orizzonte diverso dal precedente, magico, innovativo, autentico e sacro.
Quando viviamo la condizione, anche se negativa scopriremo che di negativo c’è ben poco, anzi sarà terreno per far nascere qualcosa di buono, di prettamente nostro, unico e ci renderà più forti.
Quell’esperienza se vissuta con accettazione, pazienza e gentilezza nei nostri confronti porterà con sè l’incontro con una parte di noi, che per molto tempo abbiamo voluto evitare di vedere, ma che è la e fa parte di noi.
Abbracciate la paura, la solitudine, l’amarezza, la delusione e quella che agli occhi del mondo illusorio della perfezione è chiamata incompletezza. Prendetela per mano e fatela diventare un’alleata, una compagna; solo cosi potrà portare il beneficio di cui abbiamo bisogno proprio in quel momento poiché nulla avviene per caso.
Più cercheremo di evitarla più ci inseguirà, probabilmente facendosi sentire sempre di più.
Possiamo arrenderci, anzichè continuare a lottare.
La vittoria assumerà un nuovo e forte significato, la vittoria giungerà quando abbracceremo il nemico, no quando lo sconfiggeremo!
Questa nuova consapevolezza ci aprirà le porte verso una nuova visione, una nuova luce e un nuovo risveglio!
Elena Santi
Categories:Notizie
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